è O.T., ma l'attenta lettura ha poteri taumaturgici, garantito contro i
mali di stagione.
Signor Rettore, apprendo da una nota del primo novembre dell'agenzia di
stampaApcom che recita: «è cambiato il programma dell'inaugurazione del
705esìmo Anno Accademico dell'università di Roma La Sapienza, che in un
primo momento prevedeva la presenza del ministro Mussi a ascoltare la Lectio
Magistralis di papa Benedetto XVI». Il papa «ci sarà, ma dopo la cerimonia
di inaugurazione, e il ministro dell'Università Fabio Mussi invece non ci
sarà più».
Come professore emerito dell'università La Sapienza - ricorrono proprio in
questi giorni cinquanta anni dalla mia chiamata a far parte della facoltà di
Scienze matematiche fisiche e naturali su proposta dei fisici Edoardo
Amaldi, Giorgio Salvini e Enrico Persico - non posso non esprimere
pubblicamente la mia indignazione per la Sua proposta, comunicata al Senato
accademico il 23 ottobre, goffamente riparata successivamente con una toppa
che cerca di nascondere il buco e al tempo stesso ne mantiene
sostanzialmente l'obiettivo politico e mediatico.
Non commento il triste fatto che Lei è stato eletto con il contributo
determinante di un elettorato laico. Un cattolico democratico -
rappresentato per tutti dall'esempio di Oscar Luigi Scalfaro nel corso del
suo settennato di presidenza della Repubblica - non si sarebbe mai sognato
di dimenticare che dal 20 settembre del 1870 Roma non è più la capitale
dello stato pontificio. Mi soffermo piuttosto sull'incredibile violazione
della tradizionale autonomia delle università - da più 705 anni incarnata
nel mondo da La Sapienza dalla Sua iniziativa.
Sul piano formale, prima di tutto. Anche se nei primi secoli dopo la
fondazione delle università la teologia è stata insegnata accanto alle
discipline umanistiche, filosofiche, matematiche e naturali, non è da ieri
che di questa disciplina non c'è più traccia nelle università moderne, per
lo meno in quelle pubbliche degli stati non confessionali. Ignoro lo statuto
dell'università di Ratisbona dove il professor Ratzinger ha tenuto la nota
lectio magistralis sulla quale mi soffermerò più avanti, ma insisto che di
regola essa fa parte esclusivamente degli insegnamenti impartiti nelle
istituzioni universitarie religiose. I temi che sono stati oggetto degli
studi del professor Ratzinger non dovrebbero comunque rientrare nell'ambito
degli argomenti di una lezione, e tanto meno di una lectio magistralis
tenuta in una università della Repubblica italiana. Soprattutto se si tiene
conto che, fin dai tempi di Cartesio, si è addivenuti, per porre fine al
conflitto fra conoscenza e fede culminato con la condanna di Galileo da
parte del Santo ufficio, a una spartizione di sfere di competenza tra
l'Accademia e la Chiesa. La sua clamorosa violazione nel corso
dell'inaugurazione dell'anno accademico de La Sapienza sarebbe stata
considerata, nel mondo, come un salto indietro nel tempo di trecento anni e
più.
Sul piano sostanziale poi le implicazioni sarebbero state ancor più
devastanti. Consideriamole partendo proprio dal testo della lectio
magistralis del professor Ratzinger a Ratisbona, dalla quale presumibilmente
non si sarebbe molto discostata quella di Roma. In essa viene spiegato
chiaramente che la linea politica del papato di Benedetto XVI si fonda sulla
tesi che la spartizione delle rispettive sfere di competenza fra fede e
conoscenza non vale più: «Nel profondo.., si tratta - cito testualmente -
dell'incontro tra fede e ragione, tra autentico illuminismo e religione.
Partendo veramente dall'infima natura della fede cristiana e, al contempo,
dalla natura del pensiero greco fuso ormai con la fede, Manuele II poteva
dire: Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio».
Non insisto sulla pericolosità di questo programma dal punto di vista
politico e culturale: basta pensare alla reazione sollevata nel mondo
islamico dall'accenno alla differenza che ci sarebbe tra il Dio cristiano e
Allah - attribuita alla supposta razionalità del primo in confronto
all'imprevedibile irrazionalità del secondo - che sarebbe a sua volta
all'origine della mitezza dei cristiani e della violenza degli islamici. Ci
vuole un bel coraggio sostenere questa tesi e nascondere sotto lo zerbino le
Crociate, i pogrom contro gli ebrei, lo sterminio degli indigeni delle
Americhe, la tratta degli schiavi, i roghi dell'Inquisizione che i cristiani
hanno regalato al mondo. Qui mi interessa, però, il fatto che da questo
incontro tra fede e ragione segue una concezione delle scienze come ambiti
parziali di una conoscenza razionale più vasta e generale alla quale esse
dovrebbero essere subordinate. «La moderna ragione propria delle scienze
naturali - conclude infatti il papa - con l'intrinseco suo elemento
platonico, porta in sé un interrogativo che la trascende insieme con le sue
possibilità metodiche. Essa stessa deve semplicemente accettare la struttura
razionale della materia e la corrispondenza tra il nostro spirito e le
strutture razionali operanti nella natura come un dato di fatto, sul quale
si basa il suo percorso metodico. Ma la domanda {sui perché di questo dato
di fatto) esiste e deve essere affidata dalle scienze naturali a altri
livelli e modi del pensare - alla filosofia e alla teologia. Per la
filosofia e, in modo diverso, per la teologia, l'ascoltare le grandi
esperienze e convinzioni delle tradizioni religiose dell'umanità,
specialmente quella della fede cristiana, costituisce una fonte di
conoscenza; rifiutarsi a essa significherebbe una riduzione inaccetabile del
nostro ascoltare e rispondere».
Al di là di queste circonlocuzioni (i corsivi sono miei) il disegno mostra
che nel suo nuovo ruolo l'ex capo del Sant'uffizio non ha dimenticato il
compito che tradizionalmente a esso compete. Che è sempre stato e continua a
essere l'espropriazione della sfera del sacro immanente nella profondità dei
sentimenti e delle emozioni di ogni essere umano da parte di una istituzione
che rivendica l'esclusività della mediazione fra l'umano e il divino.
Un'appropriazione che ignora e svilisce le innumerevoli differenti forme
storiche e geografiche di questa sfera così intima e delicata senza rispetto
per la dignità personale e l'integrità morale di ogni individuo.
Ha tuttavia cambiato strategia. Non potendo più usare roghi e pene corporali
ha imparato da Ulisse. Ha utilizzato l'effige della Dea Ragione degli
illuministi come cavallo di [-----] per entrare nella cittadella della
conoscenza scientifica e metterla in riga. Non esagero. Che altro è, tanto
per fare un esempio, l'appoggio esplicito del papa dato alla cosiddetta
teoria del Disegno Intelligente se non il tentativo - condotto tra l'altro
attraverso una maldestra negazione dell'evidenza storica, un volgare
stravolgimento dei contenuti delle controversie interne alla comunità degli
scienziati e il vecchio artificio della caricatura delle posizioni
dell'avversario - di ricondurre la scienza sotto la pseudo-razionalità dei
dogmi della religione? E come avrebbero dovuto reagire i colleghi biologi e
i loro studenti di fronte a un attacco più o meno indiretto alla teoria
danwiniana dell'evoluzione biologica che sta alla base, in tutto il mondo,
della moderna biologia evolutiva?
Non desco a capire, quindi, le motivazioni della Sua proposta tanto
improvvida e lesiva dell'immagine de La Sapienza nel mondo. Il risultato
della Sua iniziativa, anche nella forma edulcorata della visita del papa
(con «un saluto alla comunità universitaria») subito dopo una inaugurazione
inevitabilmente clandestina, sarà comunque che i giornali del giorno dopo
titoleranno (non si può pretendere che vadano tanto per il sottile): «Il
Papa inaugura l'Anno Accademico dell'Università La Sapienza».
Congratulazioni, signor Rettore. Il Suo ritratto resterà accanto a quelli
dei Suoi predecessori come. simbolo dell'autonomia, della cultura e del
progresso delle scienze.
Marcello Cini
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"não há normas; todos os homens são excepção a uma regra que não existe"
F. Pessoa