A
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Duran
Kalkan, membro del direttivo del KONGRA GEL, ha dichiarato che la cattura di
Saddam Husseyin aprirà le strade
per la ricostruzione di un Iraq democratico e federale. Kalkan crede necessario
fare chiarezza sugli omicidi contro il popolo kurdo e gli omicidi avvenuti
nell’area che hanno caratterizzato l’ultimo quarto di secolo. Kalkan ha
partecipato telefonicamente ad un programma del canale satellitare MedyaTV in
occasione del quale ha fatto una dichiarazione molto importante dicendo che “ la
dittatura di Saddam è affondata con tutte le sue speranze”.“Fino ad
ora – ha continuato- non sono stati fatti passi seri per la ricostruzione, noi
crediamo che dopo queste notizie la ricostruzione deve cominciare in pratica,
con una nuova forza, prendendo velocità”. Kalkan ha detto che discussioni ed
analisi continueranno, resta però importante che tipo di Iraq si pensa di
realizzare. Un Iraq democratico e federale vede aperta una strada per la
ricostruzione però ancora ci sono forze che vi si oppongono, ma a queste va
risposto che indietro non si potrà tornare”. Infine, Kalkan ha dichiarato che
“gli stati dell’area sono connessi l’un l’altro. Anche se si combattono, se sono
nemici o si trovano in discussione, alla fine la loro esistenza è collegata, il
regime dittatoriale iracheno è caduto, lo status quo che si basava sulla negazione
dei kurdi e la divisione del Medioriente fatta sul Kurdistan, è fallito. Tra
Saddam, l’Iran e la Siria le relazioni non sono buone, però Saddam e la Turchia
sono stati alleati – ha detto Kalkan –
la Turchia ha sempre difeso l’autorità di Saddam. I responsabili di
Halepce devono venire fuori, se ci sono forze che hanno contribuito alla strage
devono essere rese note”. Infine, a proposito delle elzioni che si terranno in
Turchia nella zona kurda, il 28 marzo prossimo, “il DEHAP dovrà confrontarsi con
delle grosse responsabilità; l’AKP ha dimostrato di aver perso sostanza, insieme
al Parlamento stesso, il CHP non è più da considerarsi opposizione, soltanto il
DEHAP e i partiti che con esso sono in rapporto possono considerarsi una forza
d’opposizione”
I Kurdi Iracheni festeggiano la cattura di
Saddam/ Reuters - 15
dicembre 2003
Kurdi
gioiosi hanno festeggiato nelle strade di Kirkuk domenica al diffondersi della
notizia che l’ex dittatore iracheno Saddam Hussein, che a lungo li aveva
tormentati, era stato finalmente catturato. Clacson delle automobili, musica ad
alto volume, elargizione di caramelle a bamibini che sventolavano nastri verdi
da parte della popolazione locale; e inoltre uomini armati che sparavano
raffiche in aria, il che ha comportato il ferimento durante i festeggiamenti di
almeno 26 persone. "Il diavolo è ingabbiato e il suo regime è finito”, ha
dichiarato Salahadin Mohammed. "Ognuno è a conoscenza di quel che ha fatto al
popolo kurdo”, ha proseguito, facendo riferimento all’attacco chimico al
villaggio di Halabja, nel corso del quale furono uccise 5000 persone nel 1988.
La notizia della cattura di Saddam è stata diffusa in primo luogo dal PUK
(Partito di Unione Patriottica del Kurdistan) che ha dichiarato che le sue forze
speciali hanno aiutato le truppe statunitensi durante l’incursione che ha
condotto alla cattura di Saddam.Camionette
colme di combattenti Peshmerga armati sono sfilate in parata lungo le
strade di Kirkuk. Sparavano in aria. "Ringraziamo Allah per questo, ora tutto
andrà bene", ha detto un addetto alla sicurezza non in servizio nel corso delle
celebrazioni. A Erbil, 350km a nord di Baghdad, i partiti politici locali hanno
organizzato festeggiamenti pubblici. I Kurdi danzavano ebbri di felicità nelle
strade al ritmo di tradizionali canzoni kurde. Dalal Ramzi ha affermato che
questo era il giorno più felice della sua vita e che “Saddam ha fatto uccidere
tre dei miei familiari che si erano rifiutati di prendere parte alla guerra in
Kuwait ed è all’origine della scomparsa di mio padre, nel
1985”.
Avviare
un dialogo con i kurdi per la democratizzazione e la
pace/
Roma, 10 dicembre 2003
Nella giornata mondiale per i diritti umani, il 10 dicembre 2003 si è tenuta in Roma, presso la rappresentanza del Parlamento Europeo, una conferenza organizzata in collaborazione con l’On. Silvana Pisa, l’On. Elettra Deiana e l’On. Luigi Vinci e l’Ufficio d’Informazione del Kurdistan in Italia. La Conferenza dal titolo “In un’EU allargata alla Turchia, quale posto per i kurdi?” ha visto la partecipazione di numerosi esponenti del mondo politico e dell’associazionismo italiano. Fra questi i parlamentari europei On. Francesco Speroni e l’On. Luigi Vinci insieme ad esponenti dei partiti politici italiani. La conferenza si è aperta naturalmente sul tema dei diritti umani che purtroppo sono una questione di riflessione e di dibattito in riferimento alla Turchia, visto che la situazione del rispetto delle libertà e dei diritti umani continua ad essere critica nonostante l’avvio di un importante processo di democratizzazione dovuto all’avvicinamento della Repubblica turca all’UE ed ai suoi criteri politici. Come risultato della conferenza, scandita in tre diverse sezioni, si intende indirizzare all’attuale Presidenza italiana dell’Unione Europea e alla Presidenza entrante della Repubblica irlandese il seguente documento. La discussione in apertura dei lavori ha posto l’accento sulle prospettive di soluzione della questione kurda. I partecipanti si sono ritrovati in accordo sul fatto che negli ultimi 5 anni per la forte determinazione della parte kurda si è avviato un periodo di distensione che è favorevole alla soluzione politica e pacifica della questione kurda in Turchia. Quando nel 1998 Abdullah Ocalan venne in Europa portò con se una proposta di soluzione politica e pacifica che non è stata accolta con successo, anzi si concluse con il suo arresto. Pur nella sua terribile situazione di detenzione Abdullah Ocalan ha proseguito il suo cammino su questa strada, favorendo e incentivando cambiamenti strategici e strutturali all’interno del movimento kurdo. Per questa ragione la nuova elaborazione da parte kurda di una proposta risolutiva della questione è il punto di partenza dell’auspicabile processo di pacificazione interna e democratizzazione reale che possano portare al pieno raggiungimento da parte della Turchia dei criteri politici d’adesione. I partecipanti hanno discusso nella seconda sezione specificamente dei diritti umani in Turchia affrontando la questione dei deputati DEP e del caso Ocalan. A riguardo del processo a carico degli ex deputati del DEP, che la Corte europea per i diritti umani ha ritenuto da rifare risulta evidente la mancanza di volontà della Turchia di rivedere alcune sue modalità, rendendo il processo attuale una finzione finché gli imputati non verranno rilasciati. Mentre, per quanto riguarda la situazione di Abdullah Ocalan, in condizioni detentive di isolamento da quasi cinque anni, essa non è stata ritenuta dai partecipanti adeguata agli standard dell’UE e delle Convenzioni internazionali che pure lo stato turco ha sottoscritto, lasciando che Abdullah Ocalan viva in condizioni disumane. Si richiede pertanto che si spinga la Turchia a rivedere almeno le sue condizioni detentive, ponendo fine a questo trattamento alle soglie della tortura. A concludere i lavori della Conferenza si è discusso dell’allargamento dell’UE alla Turchia ritenendo necessario, a questo punto del processo, di fare dei passi in avanti effettivi in direzione di una reale democratizzazione. Questi passi corrispondono a chiare lettere al riconoscimento della necessità di definire a livello terminologico, oltre che sostanziale, la questione dell’identità “kurda”, di cui fin’ora si è voluto tacere a partire dal prossimo rapporto annuale sulla Turchia elaborato dalla Commissione europea. I partecipanti alla conferenza quindi fanno appello all’UE affinché si possa avviare un dialogo aperto anche alla parte kurda, accentando e riconoscendole il ruolo di interlocutore, visto che i kurdi vanno considerati come appartenenti alla realtà della Repubblica turca, affinché nella pratica il processo avviato ai fini dell’ingresso della Turchia nell’UE sia di beneficio per la popolazione tutta.
Firmato: On. Marco Pezzoni, On. Silvana Pisa, On. Valerio Calzolaio, On Luigi Vinci, On. Luisa Morgantini, On. Elettra Deiana
Dichiarazione del Kurdish Human Rights e del Ceni sul
rapimento di Afife Mintas rappresentante del Partito Dehap
Il 25 novembre, giornata internazionale
contro le violenze sulle donne, è stato segnato da differenti attività in tutto
il mondo. Sono state ricordate le tre “farfalle” le sorelle della Repubblica
Domenicana, torturate, violentate e uccise dalla polizia a causa delle loro
attività politiche. In Turchia questo tipo di violenze hanno ancora luogo. Il 9
dicembre Afife Mintas è stata spinta dentro una macchina e rapita da due uomini
“sconosciuti” a Diyarbakir. “Faremo del DEHAP la tua tomba” queste le minacce
fatte dagli aggressori. Durante il sequestro anche abusi sessuali, lesioni alla
gola con un coltello e minacce di morte con una pistola in bocca. La richiesta:
diventare un’informatrice. Una settimana il tempo concesso per decidere. Dopo
tre ore dal sequestro, suo fratello è stato arrestato e ha subito un
interrogatorio sulla sorella. Afife Mintas è un’esponente attivo della
commissione per le questioni femminili del partito DEHAP a Diyarbakir e, come
migliaia di altre donne in Turchia, lavora in diverse organizzazioni nel
tentativo di cambiare la situazione esistente. È una delle molte donne del mondo
che ritiene che “un altro mondo è possibile”. È kurda e chiede il rispetto dei
diritti umani e delle donne. I sequestratori non sono in realtà sconosciuti. Le
donne che lottano sono un pericolo per il sistema e la Turchia, ben consapevole
di questo, cerca di contrapporvisi con forza. Il caso di Gülbahar Gündüz era
simile. Come Afife, anche Gülbahar Gündüz è membro della commissione per le
questioni femminili del DEHAP e come Afife è stata sequestrata da alcuni
poliziotti in borghese di Istanbul lo scorso 14 luglio, torturata, umiliata,
violentata e minacciata. “Perché sei in prima linea nella campagna sull’amnistia
generale? – le era stato chiesto – Devi pensare che sulle strade può accaderti
di tutto. Il fatto che molte organizzazioni di donne hanno protestato in
risposta al rapimento di Gülbahar Gündüz significa che il messaggio dello stato
non ha raggiunto il suo scopo. La risposta unanime è stata “La repressione non
ci intimidisce. Le persone diventano umane solo con la libertà, gli esseri
viventi sono vivi solo attraverso i valori morali”. Questo ultimo attacco mostra
chiaramente che la Turchia è spaventata dalle donne che lottano per la loro
libertà. La Turchia ha paura delle donne così come della pace perché vede nella
resistenza delle donne, una strada per la pace. Per questo gli attacchi contro
le donne sono così crudeli e vili. Attraverso
questi crimini, gli aggressori sperano di intimidire chi si leva per difendere i
propri diritti, ma il caso di
Gülbahar Gündüz mostra che tutto questo non fa che rafforzare le resistenza
delle donne. Chiamiamo tutte le
forze democratiche e soprattutto le organizzazioni femminili affinché diano
prova della loro solidarietà. Noi dichiariamo la nostra solidarietà con Afife e
Gülbahar in ogni possibile via e chiediamo alle autorità di perseguire i loro
aggressori perché l’aggressione a Afife e Gülbahar è un attacco a tutte
noi.
Nuove
indicazioni dalle agenzie d’intelligence militare della Turchia/ www.dozame.org - 5 dicembre
2003
Nell’intero
Kurdistan settentrionale, e in particolare intorno ad Amed (area di Diyarbakir), gli agenti dell’ITEM
(Intelligence Militare Turca) hanno dato vita a piccoli “gruppi di
cacciatori”.Una fonte interna all’esercito turco ha riferito all’agenzia di
stampa kurda MHA che il compito di tali agenti è di localizzare gli accampamenti
delle Forze di Difesa del Popolo (HPG) kurde. Essi si sposteranno sul
territorio, abbigliati come cacciatori. Lo HPG ha emanato ieri una dichiarazione
in cui invita la popolazione kurda stanziata nei villaggi del Kurdistan del Nord
a stare allerta e ad essere cauta.
Tribunali turchi hanno respinto le richieste degli attivisti kurdi
per cambiare i propri nomi in nomi kurdi/16
dicembre AFP
Trascritti
con lettere vietate dalle leggi turche, ha dichiarato un alto esponente di un
partito kurdo. Dozzine di persone hanno presentato richiesta da settembre, dopo
che il ministero dell’interno ha emanato un regolamento che consentiva ai kurdi
di dare nomi etnici ai loro bambini purché la loro formulazione letterale fosse
compatibile con l’alfabeto turco. La
lingua turca non fa uso in genere delle lettere X, W e Q, che sono presenti
nella lingua kurda; esse sono tuttavia largamente utilizzate in Turchia per i
nomi di compagnie, canali radio-televisivi e marcjhi registrati. Ferhat Yegin,
vicepresidente del Partito della Società Libera (filo-kurdo) ha riferito all’AFP
di essere tra coloro la cui richiesta di mutare il proprio nome è stata respinta
dai tribunali. Aveva fatto richiesta a un tribunale di Ankara in ottobre di
cambiare il proprio nome in "Qalferat", ma il tribunale ha stabilito all’inizio
di questo mese che era contrario alla costituzione utilizzare lettere non
presenti nell’alfabeto ufficiale. “Il tribunale ha respinto la mia richiesta
alla prima udienza. Anche altre istanze simili sono state respinte", ha
affermato Yegin. Ha aggiunto che intende presentare appello, affermando: “Tutto
ciò che chiediamo è di poter usufruire appieno dei nostri diritti”. Ankara ha
permesso alla sua consistente minoranza kurda di utilizzare nomi etnici nel
quadro di riforme che ha approvato per far progredire gli standard democratici
della Turchia e favorirne così la richiesta di adesione all’UE.Molti kurdi in
passato sono stati trascinati in tribunale per aver dato nomi kurdi ai propri
bambini; ciò era visto dalle autorità turche come una dichiarazione di appoggio
ai combattenti ribelli kurdi impegnati a rivendicare l’autogoverno nel sudest
del paese.
Nazionalisti turchi criticano un cantante
famoso per aver cantato in Kurdo/
AFP Venerdì,
12 dicembre 2003
Un partito turco di destra ha
fatto appello al popolare cantante Ibrahim Tatlises affinché si scusi per aver
cantato una canzone nella propria lingua madre, ossia quella dell’indomita
minoranza separatista kurda: ne ha riferito l’agenzia di stampa Anatolia.La
politica e la cultura kurda sono argomenti sensibilissimi a causa di una rivolta
kurda nel sudest del paese tra il 1984 e il 1999, nel corso della quale
militanti separatisti hanno combattuto contro le forze di sicurezza governative,
con un prezzo di 36000 vite umane."Il popolo può perdonarlo se viene pronunciata
una dichiarazione che i Kurdi sono contrari a ogni forma di terrorismo e di
separatismo e che proteggeranno l’integrità indivisibile del nostro paese”, ha
detto Ismail Turk, importante esponente del gruppo politico nazionalista
BBP.Turk ha affermato che Tatlises, un Kurdo che ha costruito la propria
carriera musicale cantando in turco, era uno degli “strumenti di tradimento
interni ed esterni, miranti a distruggere le fondamenta dell’unità del paese”,
secondo quanto ha riportato l’agenzia Anatolia.Nel frattempo la sezione
giovanile del partito MHP ha accusato il cantante d’incitare al separatismo e ha
lanciato un appello a boicottare l’acquisto dei suoi dischi, definendolo “una
macchia scura”.Durante un programma televisivo la scorsa settimana Tatlises
aveva manifestato soddisfazione per il fatto che il governo ha introdotto norme
legislative che permettono le trasmissioni di programmi radio-televisivi in
lingua kurda. Membri del gruppo giovanile dello MHP si sono radunati all’esterno
della sua casa per protestare contro tale sua dichiarazione.Intervistato da
Cumhuriyet il cantante, uno dei più ricchi uomini d’affari del paese, ha
sottolineato il fatto di amare il proprio paese e di auspicare che mantenga la
propria unità. L’ente di sorveglianza delle trasmissioni RTUK ha dato il via
libera a stazioni radio-televisive per la trasmissione di programmi in lingua
kurda. Si tratta di una riforma fondamentale richiesta dall’Unione Europea alla
quale la Turchia aspira ad aderire. L’espansione dei diritti culturali della minoranza
kurda è una delle principali richieste di riforme formulate dall’UE, che sta
attentamente monitorando se la Turchia attui in modo appropriato i cambiamenti
prima di decidere se aprire dei colloqui negoziali per
l’adesione.